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Controllo di fumo e calore per uno stabilimento farmaceutico

In questa case history vedremo come è stato approcciato il tema dell’evacuazione di fumo e calore in uno stabilimento farmaceutico. Più specificamente vedremo come può essere sfruttata la sinergia tra un sistema di evacuazione forzata di fumo e calore e uno di evacuazione naturale.

Lo stabilimento produttivo farmaceutico oggetto dell’intervento è organizzato su tre piani:

  • Il piano interrato è dedicato ai locali tecnici e di servizio
  • Il piano terra ospita il cuore dell’attività produttiva con i laboratori e gli uffici.
  • Al primo piano troviamo le utilities e gli impianti di energia, riscaldamento e ricambi d’aria.

La richiesta della committenza era di progettare e realizzare un sistema di controllo del fumo e calore in grado di proteggere i diversi piani. La proposta di Bovema si è articolata in 3 diversi sistemi di controllo del fumo, uno per ogni piano, sia di tipo naturale che forzato. Il principale vantaggio per il cliente, oltre al fatto di relazionarsi con un unico fornitore per la realizzazione sia dei SENFC che dei SEFFC, è consistito nel risparmio garantito dalla ottimizzazione dei diversi sistemi e nell’assenza di ridondanze, perché ad esempio tutti i sistemi sono gestiti da un unico quadro di comando e controllo.

Tabella dei Contenuti

CONFORMAZIONE DELL’EDIFICIO E DEI PIANI INTERESSATI DALL’INTERVENTO

Il piano terra

Superficie

S = 1500 m2

Altezza al soffitto

H = 3 m

Afflussi aria

AAE = 9.72 + 2.20 m2

TipologiaLocali frammentati adibiti ad uffici o con attività produttive legate alla lavorazioni industriali.

 

Planimetria del piano terra

Come si può notare dalla visualizzazione in pianta, il piano presenta un layout piuttosto frammentato. Locali di questo tipo non ricadono nel campo di applicazione delle norme UNI 9494 per via delle difficoltà che si incontrano al momento di prelevare il fumo dai singoli locali per garantire l’altezza libera da fumi di 2,5 m.
La soluzione individuata per ovviare a questa difficoltà consiste nello sfruttare la conformazione dei corridoi che, sviluppandosi da un lato all’altro dell’edificio, rappresentano delle vie di comunicazione piuttosto estese e ramificate.
Ai fini della progettazione del sistema di evacuazione fumo, i corridoi sono stati considerati come un vano comune a tutto il piano, con l’assunto che i fumi sviluppati dall’incendio all’interno del singolo laboratorio o ufficio, necessariamente vi si riverserebbero.
Forti di questa valutazione, si è ipotizzato un approccio volto a favorire il più possibile le comunicazioni tra il singolo reparto e il corridoio.

Il punto più problematico quando si progetta un sistema di evacuazione di fumo e calore non è, come da opinione diffusa, il posizionamento dei dispositivi di espulsione, quanto il reperimento delle superfici adeguate per l’immissione dell’aria di ricambio alle condizioni richieste. Nel caso in esame, il valore della superficie efficace di afflusso d’aria AAE = 9.72 + 2.20 m2 , rappresenta il punto di partenza da cui dipende gran parte della progettazione successiva.

Il primo piano

Superficie

S = 1470 m2

Altezza al soffitto

<H> = 3.35 m

Afflussi aria

AAE = da determinare

Tipologia

Vasti locali adibiti a servizi e macchinari, senza presenza fissa di personale (solo per controlli e manutenzioni), con poche suddivisioni interne.

Il primo piano è dedicato a vari servizi a supporto delle attività produttive. Le altezze sono variabili da un minimo di 3.20m a un massimo di 5m. A differenza del piano terra, qui troviamo due vasti locali: il primo, evidenziato in azzurro, è dedicato alle macchine per il condizionamento, il secondo contiene tutti gli altri impianti. Il personale non è presente in modo continuativo in questo piano, ma accede solo per operazioni di controllo e manutenzione.

La superficie del primo piano è leggermente inferiore rispetto a quella del piano terra. In questo caso, viste le ampie possibilità di reperimento offerte dalle pareti in lamiera grecata (sostanzialmente apribili a piacimento), gli afflussi di aria e le superfici di ingresso necessarie ad ottenerli, non sono state definite preventivamente.

Il piano interrato

Superficie

S = 650 m2

Altezza al soffitto

<H> = 3 m

Afflussi aria

AAE = 9.90 m2

Tipologia

Locali adibiti a servizi e macchinari, senza presenza fissa di personale. Prevista presenza saltuaria e di breve durata per i controlli e manutenzioni. 

Il piano interrato presenta una superficie nettamente inferiore a quella degli altri due piani. Contiene servizi come serbatoi di combustibile, pompe dell’acqua, aree di lavaggio e spazi dedicati alla raccolta dei rifiuti.

I locali sono adibiti a servizi e macchinari con presenza di operatori in alcune fasi della lavorazione. Per questo motivo si è optato per l’installazione di un sistema di evacuazione fumo e calore e non di un semplice smaltimento del fumo e del calore.

DIMENSIONAMENTO DEI SEFC AI DIVERSI PIANI

Dimensionamento del SEFFC al piano interrato

Nei piani interrati è sempre piuttosto difficile realizzare un SENFC. Per questo si è optato per un sistema di evacuazione forzata di fumo e calore a norma UNI 9494-2.

L’immagine è una rappresentazione in pianta del piano dove sono state omesse le suddivisioni interne per poter meglio individuare le condotte. Queste ultime conducono a dei rami verticali che, salendo lungo la facciata dell’edificio, raggiungono la quota gronda dove sono posizionati i ventilatori, uno per ciascuna condotta.

Le condotte sono state posizionate solo nella parte a sinistra perché all’altra estremità erano già presenti dei portoni in grado di fornire ingressi per l’aria sufficienti alle necessità del SEFFC. 

Dati di progetto

Locale interrato

  h = 3.00 m,  S = 650 m2

·y   =  2.50  m

Altezza dello strato libero da fumo

hb    =  N/A

Altezza della barriera al fumo

z   =   0.50  m 

Altezza dello strato di fumo

 

Durata convenzionale prevista di sviluppo dell’incendio

t1   =   0 minuti

t2   =   5 minuti  

t   =  t1 + t2 = 5 minuti

GD   =   2

Modello di incendio

RILASCIO TERMICO INFERIORE A 300 kW/m2

Essendo l’edificio dotato di un sistema automatico di allarme, il tempo di allarme è di 0 minuti. Il tempo di intervento, invece, può essere di 5 minuti dal momento che è sempre presente una squadra di soccorso antincendio. Il tempo totale è quindi di 5 minuti con un gruppo di dimensionamento 2 perché la velocità di propagazione dell’incendio ricade nella classifica di azione di velocità media.

Il rilascio termico è stato verificato essere inferiore a 300 kW/m2. Secondo la norma UNI 9494-2 il rilascio termico è da considerare come un dato di progetto (e per questo viene attestato su 2 livelli: inferiori a 300 kW/m2 e inferiori a 600 kW/m2).

Il compartimento a soffitto è dotato di 2 ventilatori con una portata minima unitaria di 23.000 m3/h al netto della prevalenza. Nel seminterrato per via della giacitura in pianta del comparto sarebbe complesso effettuare l’espulsione del fumo utilizzando solo dei ventilatori. Per questo motivo sono state previste le due condotte osservabili in rosso nell’immagine in pianta.

Per il caso in oggetto è stato previsto un sistema di afflusso dell’aria di ricambio basato sull’immissione di aria naturale. L’aria quindi entra attraverso la scala di discesa dai 2 portoni che sono situati a destra.

Dai dati qui riportati possiamo ricavare che i punti di estrazione sono numerosi poiché ci troviamo nel limite inferiore di applicabilità della norma, cioè a 3m di altezza.

In rosso si possono osservare i 13 punti di estrazione per ogni ramo di condotta. Dovendo sfruttare al massimo l’esigua altezza offerta da questi locali, appena sufficiente per ricadere nel campo di applicazione della norma, le condotte sono state posizionate poco sotto il soffitto.

Dimensionamento del SEFFC al piano terra

Anche in questo caso è stata utilizzata la norma UNI 9494-2:2017.

 


Dalla pianta possiamo osservare un corridoio principale che unisce le due estremità del piano, un corridoio trasversale e un terzo corridoio a forma di U. 

Nei punti di incrocio dei due corridoi laterali con la porzione centrale sono state inserite le due condotte per il prelievo del fumo. In questo modo da qualsiasi parte abbia inizio il focolaio di incendio il fumo deve passare dal luogo in cui viene estratto. All’interno di questi singoli vani sarebbe impossibile realizzare uno stato libero da fumo poiché la norma richiede una superficie minima di 600 m2 che non abbiamo.

Per facilitare il più possibile il passaggio del fumo dal locale dove ha inizio l’incendio al locale comune (il corridoio), e volendo rispettare la norma dobbiamo lavorare su tutto il piano.



L’immagine rappresenta un ingrandimento della pianta dove si possono osservare le giaciture in senso orizzontale delle canalizzazioni che presentano ciascuna 3 rami. Si parte dalla condotta verticale che sale poi verso la copertura dove è posizionato il ventilatore.

Ogni canalizzazione è stata diramata in 3 direzioni per realizzare un numero sufficiente di bocche di presa e per rispettare le distanze prescritte.

Piano terra – dimensionamento

Dati di progetto

  • Locali di produzione al piano terra. Superficie 1499 m2, <H> = 3.00 m
  • y = 2.50 m altezza dello strato libero da fumo
  • hb  = N/A altezza della barriera al fumo
  •  z = 0.50 m altezza dello strato di fumo

Durata convenzionale prevista di sviluppo dell’incendio

  • t1 = 0 minuti t = t1 + t2 = 5 minuti
  • t2 = 5 minuti GD = 2

Modello di incendio

  • RILASCIO TERMICO INFERIORE A 300 kW/m2
Un evacuatore forzato centrifugo da tetto TR-HP posto in sommità alla condotta verticale

Possiamo notare che avendo la stessa attività del piano terra, anche i dati previsti di durata convenzionale di sviluppo dell’incendio e della velocità di propagazione sono simili.

Una prima differenza tra il piano terra e il piano interrato è che in quest’ultimo le condotte, insistendo solo nel compartimento dove sono presenti, sono di tipo singolo. Nel piano terra, invece, sono a compartimento multiplo poiché devono passare nel piano primo per poter sfociare all’esterno.

In un locale produttivo di questo tipo quando non è in atto l’emergenza ci sono sempre condizioni microambientali controllate. Quando non è in funzione l’estrazione dei fumi è opportuno, infatti, che le condotte siano completamente isolate dal resto del volume del piano primo attraverso l’utilizzo di serrande per compartimenti antincendio multipli.

Anche in questo caso l’immissione di aria è naturale: sono state sfruttate le aperture già esistenti, cioè le porte all’estremità dei corridoi che sono state automatizzate per poter essere aperte dal quadro di comando che governa in sistema.

Mostriamo ora una rappresentazione schematica delle condotte orizzontali tracciate in blu. Notiamo che sono leggermente diverse rispetto alla pianta precedente perché sono oggetto di un affinamento progettuale successivo. 

Il tratto verticale della condotta è stato spostato dal punto di incrocio a un punto leggermente più esterno.

 

Dimensionamento del SENFC al primo piano

Il SEFC del primo piano è l’unico di quelli fino ad ora analizzati ad essere un sistema di evacuazione naturale di fumo e calore, progettato secondo la UNI 9494:1-2017.

Planimetria del pavimento del piano primo
Planimetria del pavimento del piano primo

Piano primo – dimensionamento

Dati di progetto

  • Vano tecnico al 1° piano (altezza: min. 3.20 m, max. 5.50 m). Superficie = 1470 m2
  • y =  (5.50 – 3.20) + 2.50 = 4.80 m altezza dello strato libero da fumo
  • hb  = N/A altezza della barriera al fumo
  •  z = 7.00 – 4.80 = 2.20 m altezza dello strato di fumo

Durata convenzionale prevista di sviluppo dell’incendio

  • t1 = 0 minuti t = t1 + t2 = 5 minuti
  • t2 = 5 minuti GD = 2

Modello di incendio

  • N/A

Il sistema di rivelazione allarme è automatico, quindi il tempo di allarme è 0 minuti ed essendo la squadra sempre disponibile anche per il piano primo il tempo di intervento è di 5 minuti.

La velocità di propagazione è media, perciò il gruppo di dimensionamento è 2 .

Il modello di incendio non è specificato perché contrariamente alle metodologie di progettazione di SEFC meccanici, in quelli naturali non occorre scegliere l’incendio di progetto, cioè non occorre specificare se è inferiore a 300 kW/m2 o a 600 kW/m2. Questo è permesso dalla natura di questo sistema che è prevalentemente autoregolante e può quindi compensare i vari picchi di potenza semplicemente per proprietà sue intrinseche.

Il plugholing era presente anche nei sistemi forzati dei piani sottostanti dove  è stato evitato moltiplicando i punti di presa. Nel primo piano, però, essendo i punti di presa gli evacuatori stessi dobbiamo rispettare alcune regole. 

Innanzitutto si definisce un’area critica chiamata superficie di apertura critica data da 1.4 volte il quadrato dello strato di fumo.

La prima condizione da seguire è che la superficie di ogni singolo evacuatore o di due evacuatori considerati complessivamente sia inferiore all’area critica che è di 5.6 m

La seconda condizione prevede che nel caso in cui la distanza tra i bordi di 2 evacuatori contigui sia minore di 3 volte l’entità dello strato di fumo, la somma delle 2 superfici debba essere inferiore alla superficie di apertura critica.

La superficie per l’afflusso di aria fresca nel caso di evacuazione naturale soggiace a regole diverse da quelle dell’evacuazione meccanica e deve essere determinata in base a un rapporto massimo rispetto alla superficie utile totale degli evacuatori.

La superficie totale corretta di afflusso disponibile non è stata calcolata preliminarmente perché sulle pareti sopra la quota del pavimento del primo piano è possibile realizzare con poca spesa e impegno tecnico delle aperture in numero e di grandezza sufficiente a realizzare questi requisiti.

Panoramica dei prodotti Bovema per SEFFC

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Panoramica dei prodotti Bovema per SENFC

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